Il velo. Tradizionalmente e’ legato all’idea di illibatezza. Pensate che nei tempi in cui i matrimoni erano in gran parte combinati dalle famiglie, poteva essere tolto dal volto della sposa solo a nozze avvenute. Questo per evitare ripensamenti dell’ultimo minuto … non e’ piu’, direi fortunatamente, il caso dei giorni nostri. Comunque sia, da’ il senso della sacralita’ di quanto si sta celebrando, di qualcosa di prezioso e da non sciupare. E forse anche di misterioso: il mistero dell’amore.
La scelta d’ indossarlo oggi e’ strettamente personale. Non si porta alle seconde nozze, dopo i trent’anni e quasi mai nel rito civile. Chi ha la fortuna di avere il “velo di famiglia”, che passa da madre in figlia, dovra’, nella scelta dell’abito, tenerne conto: sara’ un vestito classico ed importante. Il velo in questo caso diventa protagonista, se poi si aggiunge il diadema di famiglia siamo davanti ad un matrimonio principesco, da li’ la favola prende forma … parlando del velo, dobbiamo parlare delle lunghezze.
Il piu’ visto e’ quello all’americana, quello che copre il viso della sposa e che all’altare lo sposo deve togliere. Poi esiste quello “al gomito” (una sorta di triangolo, con due vertici all’altezza dei gomiti) formato da due strati di tulle. Infine quello piu’ sontuoso che e’ lungo circa due metri e mezzo, qualora fosse piu’ lungo richiede che ci siano due damigelle a tenerlo e sistemarlo all’altare quando la sposa si siede per il rito. Come accennato, oggi il velo e’ solitamente liscio, oppure riprendera’ i decori dell’abito.
LE SCARPE: spesso si fa l’errore di pensare che le scarpe “non si vedono”, non è affatto vero. Si notano, eccome! Quando la sposa scende dall’auto ad esempio (tra l’altro viene sempre immortalata dal fotografo mentre compie questo gesto), quando sale la gradinata della chiesa sotto braccio al papà, quando si siede all’altare, quando balla.
Tutti attimi che vengono fotografati, persino durante i preparativi della vestizione vengono presi alcuni scatti e quasi sempre le scarpe restano “catturate” dall’obiettivo. Anzi, nello stile ormai da reportage dei servizi fotografici, le calzature sono uno degli oggetti preferiti dai fotografi, da consegnare in primo piano ai posteri. Un dettaglio da non prendere, è il caso di dirlo, sottogamba.
In ogni caso devono essere di una elegante linea intonata allo stile dell’abito e di ottima qualità se non volete rischiare di avere piedi doloranti, in una giornata che dovreste godervi spensierate. Non usate tacchi troppo alti se non siete abituate a camminarci, rischiate di essere goffe nel portamento e, scusate, anche un po’ ridicole.
La regola comunque è che l’abito pulito e lineare richiede una scarpa preziosa, ricca di decori, mentre l’abito di pizzo o particolarmente lavorato richiede una scarpa liscia e dalla linea essenziale. In estate sono concessi i sandali – una volta erano rigorosamente vietati! –, sono chiamati “sandali gioiello”, eccezionalmente possono essere indossati senza calze. Ovviamente: i piedi dovranno essere perfetti e ben curati.
Le calze, vanno scelte velate, finissime, nelle tonalità dell’abito e delle scarpe.
I guanti, come il velo, non sono obbligatori. Molto belli ed eleganti sono quelli lunghi al gomito, in raso . Vanno tolti all’altare e poggiati sull’inginocchiatoio, vicino al bouquet. Le mani, infatti, dovranno essere libere per lo scambio delle fedi. Dopo non andranno più indossati.
Abbiamo parlato di un rito, la cui storia si perde nelle origini dell’uomo e della donna. E quindi come tale circondato da credenze popolari e anche superstizioni. Credo che un’usanza bella e significativa da mantenere sia quella delle quattro “cose” che la sposa porti con sé quel giorno:
- qualcosa di nuovo (l’abito) a simboleggiare la nuova vita che comincia;
- qualcosa di vecchio, a ricordare che le persone care resteranno a noi vicine;
- qualcosa di prestato, significa che le persone più amate non ci faranno mancare il loro affetto;
- qualcosa di blu, il colore della purezza: può benissimo essere un nastrino blu all’interno dell’ abito che forma un piccolo fiocchetto. Oppure talvolta questo colore blu lo troviamo con la giarrettiera …
E a questo proposito, per concludere, da bandire assolutamente è, per l’appunto, il famigerato lancio della giarrettiera. Da evitare in tutte le sue varianti: portata al ginocchio dalla sposa, sfilata con i denti dal neo-marito sotto la gonna, eccetera. Orrore. Si pensa che si tratti di una consuetudine, magari ritenuta trendy, introdotta recentemente da chi ha uso di mondo. Non è così.
E’ invece una vecchia tradizione in voga da tempo immemore nel mondo anglosassone. E non è detto che tutto ciò che arriva da questi Paesi sia elegante e di tendenza, come in questo caso.
Può essere fatta una eccezione – ma io la sconsiglio – in caso di spose molto giovani e in presenza di un matrimonio con molti giovani. Ma anche con le dovute cautele, non sono pochi i contrattempi. Ad esempio mi è capitato di soccorrere una sposa: mentre entrava in chiesa, accompagnata dal padre, le si era sfilata la giarrettiera e rischiava di farla inciampare nella sua marcia verso l’altare.
A cenni disperati ha richiamato la mia attenzione: e, con non challance, mi sono chinata e ho raccolto l’indumento … Dimenticavo: tutto è andato per il meglio, nessuno se n’è accorto, perché la sposa entrava da un ingresso secondario. Poi ci abbiamo riso sopra, ma pensate l’imbarazzo e la nota a dir poco stonata se la marcia nuziale avesse avuto luogo dal portone principale. Da quella volta ho un motivo in più per dissuadere le spose dal seguire questa tradizione molto british.